L’inchiesta che ha portato alla cattura è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido.
L’arresto di Messina Denaro arriva all’indomani del trentennale del giorno in cui a finire in manette fu Totò Riina. Da quel 1993 Messina Denaro era divenuto il boss più potente di Cosa Nostra, nonché uno dei latitanti più pericolosi e ricercati al mondo. Capo del mandamento di Castelvetrano, in provincia di Trapani, era riuscito a esercitare la propria influenza anche in quelle di Agrigento e Palermo. Figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano Francesco, alleato del clan dei corleonesi, già nel 1989 Messina Denaro venne denunciato per associazione mafiosa. Con il padre latitante dal 1990, diventerà a tutti gli effetti il reggente del proprio mandamento, e nel 1992 viene spedito a Roma per compiere appostamenti nei confronti del presentatore televisivo Maurizio Costanzo e per uccidere Giovanni Falcone. Dopo l’arresto di Riina Messina Denaro fu tra i più favorevoli alla continuazione della strategia delle bombe; e fornì un proprio uomo al commando protagonista degli attentati dinamitardi di Firenze, Milano e Roma. Condannato all'ergastolo per diversi omicidi, tra questi quello di Giuseppe Di Matteo, il bambino sciolto nell'acido per punire un pentito, è stato riconosciuto colpevole per le stragi in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Nei suoi confronti venne emesso un mandato di cattura per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo, furto e altri reati minori.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha immediatamente telefonato al ministro dell'Interno e al Comandante dell'Arma dei Carabinieri per esprimere le sue congratulazioni per l'arresto “realizzato in stretto raccordo con la Magistratura”.
”L'arresto di Messina Denaro è un grande successo per lo Stato. Complimenti alle forze dell'ordine e agli inquirenti. La lotta alla mafia resta una priorità per tutto il Paese perché senza legalità non c'è libertà, lavoro, crescita sociale, economica, culturale”. Così il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra. Per la Cisl Sicilia ”è dalla lotta a criminalità e mafia e dal radicamento nella società della cultura della legalità che passa la costruzione di una Sicilia migliore”.
Giampiero Guadagni