Nel 2015 si sono registrate oltre 2,4 milioni di assunzioni a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni di rapporti a termine e apprendisti) a fronte di 1.684.911 cessazioni (+764mila posti stabili nell’anno). Lo si legge nell’Osservatorio sul precariato dell’Inps appena pubblicato che sottolinea come nell’intero 2014 il saldo dei posti stabili era stato negativo per 52.137 unità. Il dato risente degli sgravi previsti in legge di stabilità per le assunzioni a tempo indeterminato e delle misure previste nel Jobs act. Confortanti dopo una prima lettura i dati comunicati stamani dall’Osservatorio sul precariato dell’Inps.
"La cura comincia a dare i suoi effetti. Senza toni trionfalistici del tutto fuori luogo, possiamo dire che la scelta di puntare sugli sgravi contributivi sta facendo emergere dei risultati incoraggianti. Da qui bisogna iniziare a riflettere su come rendere strutturale nel tempo la convenienza del contratto a tempo indeterminato”. Così il segretario confederale Cisl, Gigi Petteni commenta i dati di oggi. “Nel 2014 il ‘saldo’ dei posti stabili era stato addirittura negativo con un – 52.137. Nel 2015 invece il saldo di assunzioni stabili è stato decisamente positivo con un + 764.000 (2,4 milioni di assunzioni a fronte di 1,68 milioni di cessazioni) che conferma la bontà delle scelte fatte e comunque la conferma che a partire dal 2015 la tendenza si sia finalmente invertita – aggiunge Petteni. Gli sgravi previsti nella Legge di Stabilità 2015 hanno quindi prodotto dei risultati importanti sul piano dell’occupazione soprattutto di quella stabile, uno degli obiettivi più importanti per il sindacato. Bisogna però ora monitorare e analizzare meglio i dati per non restare vittime di facili entusiasmi. Molte di queste assunzioni a tempo indeterminato (il 41%) sono part time, prevalentemente di tipo orizzontale (704mila) ed anche su questo bisognerà capire meglio le vere cause della scelta e soprattutto se per la maggior parte dei lavoratori sia stata realmente una scelta”.
“Altro aspetto su cui, come abbiamo già segnalato in più occasioni, dovremo prestare tutti grande attenzione è la crescita esponenziale dei voucher. Infatti, nel 2015 i buoni venduti sono stati oltre 115 milioni (si parla, ricordiamolo, di ‘ticket orari del valore nominale di 10 €) per il pagamento di prestazioni di lavoro accessorio. Questo da un lato testimonia un ulteriore segnale positivo per la richiesta di lavoro in crescita ma, come detto - sottolinea - preoccupa per il rischio forte di un possibile utilizzo improprio dello strumento, che deve essere impiegato per pagare prestazioni ‘accessorie’ e non per mascherare prestazioni che dovrebbero invece esser regolate dai contratti di lavoro”. “Serve un momento di analisi e rilancio dell’azione quindi – conclude Petteni - ora che si può dire prudentemente di essere usciti dalla parte più stretta del tunnel, non dobbiamo stare fermi se vogliamo davvero cominciare a vedere finalmente la luce “.