Duemila interventi di manutenzione straordinaria e di nuova costruzione sui ponti investendo complessivamente 950 milioni. Il giorno dopo un Cdm dedicato al dissesto idrogeologico, il ministro dei Trasporti De Micheli sottolinea la necessità e la possibilità di uscire dall’emergenza e passare alla fase della manutenzione continuativa. E annuncia l’avvio di opere attese da anni, come la Gronda di Genova.
I sindacati rilanciano. ”Mai come in questo periodo il territorio del nostro Paese sta mostrando tutte le sue debolezze, dal dissesto idrogeologico alla vetustà delle infrastrutture”, sottolineano i segretari generali della Cisl Furlan e della Filca Turri, per i quali ”il risultato è sotto gli occhi di tutti: il crollo del viadotto a Savona è solo l’ultimo di una serie impressionante di frane, cedimenti, inondazioni. Episodi che in molti casi hanno provocato anche numerose vittime. Non vogliamo che l’Italia sia il Paese dei disastri: il Belpaese merita invece un territorio sicuro ed infrastrutture moderne ed affidabili. ‘Fate presto’ è il nostro appello accorato. La stessa espressione usata in altri due momenti difficili per l’Italia, il terremoto dell’Irpinia del 1980 e la profonda crisi di fiducia del 2011. Bisogna evitare che i buoni propositi si scontrino con la burocrazia, il vero nemico del fare”. D’altra parte i numeri parlano da soli: il 91,1% dei Comuni italiani ha almeno un’area a rischio per frana o alluvione. Parallelamente ci sono 600 cantieri bloccati ed opere pubbliche per le quali è necessaria la manutenzione. ”Si calcola che ci siano 86 miliardi di euro fermi che, se utilizzati, genererebbero 400 mila posti di lavoro, assicurando al contempo sicurezza per i cittadini ed occupazione in un settore, le costruzioni, che in questi anni di crisi hanno perso 800 mila occupati e 120 mila aziende. Le risorse, però, ci sono. Per il dissesto idrogeologico, ad esempio, il governo ha assicurato di aver assegnato 700 milioni alle Regioni che hanno presentato i progetti. Molti dei cantieri fermi o mai partiti sono per opere già finanziate con risorse certe, utilizzabili”. Il problema, dunque ”è l’assoluta incapacità delle istituzioni di spendere le risorse, come ha denunciato la stessa Corte dei Conti”.