R) La decrescita demografica è il sintomo più indicativo di un Paese che si sta condannando a restare fermo. La prima domanda che la denatalità pone alla politica è quella di riconoscere il fenomeno. La difficoltà per le donne e gli uomini del nostro Paese a costruire progetti di vita ha effetti devastanti evidenti nell’ambito demografico; ma ne ha anche di più nascosti nelle scelte personali, di lavoro, di formazione dei giovani. E la politica non è chiamata soltanto a sanare le fragilità che oggi possiamo individuare, deve anche saper dare prospettive costruendo una dinamica di comunità. Alle giovani famiglie serve visione, fiducia e stabilità di misure per attivare la propria programmazione con chiarezza, mese dopo mese. Per questo abbiamo voluto e approvato la prima riforma delle politiche familiari della nostra storia, il Family Act.
L’abbiamo proposta e scelta come asse nel percorso di ripartenza perché rimette al centro della storia le bambine e i bambini.
D) Il primo luglio è partito l’assegno unico universale. Quali sono i contenuti e le modalità di questa misura?
R) L’assegno unico e universale già nella misura ponte, valida da luglio a dicembre di quest’anno per chi non goda di assegni familiari, cambia l’approccio e dal terzo figlio aumenta in modo significativo per tutti i figli. In Francia questa scelta ha pagato.
Ne avranno diritto i nuclei fino a 50 mila euro di Isee. Le famiglie con Isee fino a 7000 euro avranno 217,8 euro a figlio se hanno almeno 3 figli. 50 euro in più sono previsti per ciascun figlio disabile.
Dal primo luglio l’assegno andrà a circa 2 milioni di famiglie – lavoratori autonomi, incapienti, disoccupati - che ad oggi non godono di alcun supporto economico per i figli. A partire dal primo gennaio 2022, la misura sarà unica per tutti. Una cosa è certa: sull’assegno unico non si torna indietro.
D) Non c’è il rischio che siano penalizzati coloro che già oggi ricevono un sostegno per i figli?
R) No, anzi. Chi già accede agli assegni al nucleo familiare, da luglio riceverà importi maggiorati. L’assegno ponte è inoltre compatibile con il Reddito di cittadinanza e con la fruizione di eventuali altre misure in denaro a favore dei figli a carico erogate dalle Regioni e dai Comuni. Non togliamo nulla, anzi aggiungiamo 3 miliardi complessivi: 1,580 miliardi di euro per finanziare l’assegno unico; 1,380 miliardi per finanziare l’aumento degli assegni familiari dei dipendenti; 30 milioni per il rifinanziamento dei centri di assistenza fiscale.
D) Cosa va fatto per rendere l’assegno unico coerente con la riforma fiscale che il Governo ha intenzione di varare nei prossimi mesi?
R) In questa prima fase di scrittura della riforma fiscale l’assegno è denaro che diamo in più e non tocchiamo le detrazioni fiscali. A partire da gennaio le detrazioni fiscali verranno assorbite dall’assegno unico universale, in maniera coerente con la riforma fiscale che Governo e Parlamento affronteranno nei prossimi mesi. Noi oggi abbiamo un sistema per cui ad un giovane conviene rimanere a carico dei genitori per lungo tempo. L’assegno unico assume l’idea francese del quoziente familiare e non si pone come un sussidio, ma come un investimento: le famiglie stanno contribuendo al benessere comune e lo fanno a nome di tutta la collettività. Dobbiamo riconoscerlo e sostenerle.
D) Il sostegno alla genitorialità va di pari passo con la questione occupazionale. Ancora troppo spesso per una donna quella della maternità e quella del lavoro sono scelte alternative. Cos’altro va fatto in termini di welfare per invertire il trend?
R) In Italia abbiamo dati che raccontano una scarsa partecipazione femminile al mondo del lavoro e, allo stesso tempo, dati che mostrano un calo delle nascite: un modello inefficace su più fronti, compreso quello della natalità. Dobbiamo riconoscere, anche nel lavoro, che le azioni positive nei confronti delle donne non sono solo una risposta ai diritti delle donne: sono soprattutto una risposta ad una visione di sviluppo e di futuro per tutto il sistema lavorativo, sociale ed economico del nostro Paese. E quindi che la maternità non è una interruzione nella carriera di una donna, ma può essere al contrario un percorso, nella carriera lavorativa di una donna, da qualificare e mettere a disposizione anche per le competenze che la maternità attiva e che può aiutare a costruire. Per questo nel Pnrr abbiamo introdotto un certificato sull’impatto sulla parità di genere delle politiche aziendali con un’ottica di premialità, di richiesta di trasparenza e di parità salariale, di incentivo rispetto a quelle politiche che promuovono lavoro femminile, leadership e carriera delle donne. Il Governo ha scelto il Family Act come riforma di accompagnamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Questo significa, accanto all’assegno, sostenere le spese educative delle famiglie e investire nelle infrastrutture sociali, a partire dagli asili nido. Un investimento davvero straordinario quello sui servizi educativi, in particolare su quelli 0-6, per arrivare a una media europea del 50% di risposta alla domanda. E ancora: investire nel lavoro femminile, realizzare una riforma paritaria dei congedi parentali. Abbiamo bisogno di armonizzare i tempi di vita familiare con quelli lavorativi e di riorganizzare il mondo del lavoro con modalità innovative, compreso uno smart working che sia però davvero smart.
D) La pandemia ha provocato una reazione positiva dell’Europa in termini di risorse economiche. Lo stesso si può dire anche come nuovo approccio culturale al tema della natalità?
R) Direi proprio di sì. Nell’Unione europea la politica sulla popolazione è di competenza dei singoli Stati membri, ma il Parlamento di Strasburgo guarda al tema demografico come a uno dei modi per aumentare la coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione europea. Durante la plenaria di maggio, i deputati europei hanno aperto la strada alla nascita di una strategia a livello dell’Ue su questo tema chiave. Strategia incentrata su solidarietà intergenerazionale, immigrazione, protezione sociali, servizi sanitari. La stessa idea di una clausola trasversale di condizionalità con riferimento al sostegno all’occupazione giovanile e femminile, clausola che abbiamo introdotto in tutte e sei le missioni in cui si articola il Piano nazionale di ripresa e di resilienza, è nata al tavolo comune con gli altri Ministri per le Pari opportunità dell’Unione. La pandemia lo ha reso molto chiaro ormai a tutti: ci si salva soltanto insieme.
Giampiero Guadagni
(L’intervista è pubblicata sul numero 22 del Working paper della Fondazione Tarantelli)