Venerdì 17 maggio 2024, ore 11:19

Scenari

La Cina è la farmacia del mondo. Ma questo non è un buon affare

Nel 2020 scoprimmo che la Cina è la farmacia del mondo. Perfino le banalissime mascherine venivano prodotte tutte lì, e noi ne restammo sprovvisti. Dalla Cina dipendono le forniture di farmaci generici di tutto l’Occidente. Sì, quelli che in farmacia ci chiedono di acquistare al posto dei ben noti marchi delle multinazionali del farmaco. Dalla Cina dipendono in pratica le forniture di farmaci generici di tutto l’Occidente, quelle medicine il cui basso costo di acquisto si fonda sul fatto che sia scaduto il brevetto sui princìpi attivi che le rendono efficaci. Tutto questo non è un buon affare per noi. Se per una crisi della produzione come quella seguita alla quarantena della provincia di Wuhan a causa del Covid-19, oppure per esercitare un ricatto con obiettivi politici, Pechino decidesse di sospendere le esportazioni, i nostri paesi si troverebbero da un giorno all’altro a dover riorganizzare i propri mercati e a far pagare cifre molto più alte ai propri cittadini, che dovrebbero fare ricorso a costosi medicinali tuttora sotto brevetto. Questo accade già con alcuni antibiotici. Ma Pechino ne inventa sempre una, perfino la pillola anti Covid per una guarigione lampo in 1,5 giorni, a base di simnotrelvir. Il simnotrelvir è già disponibile per la vendita, ma limitatamente in Cina. Qui ha infatti ottenuto l’autorizzazione per un utilizzo emergenziale a partire dall’inizio del 2023. Considerando anche il prezzo al quale viene venduto, inferiore rispetto al suo competitor principale (Paxlovid), è di fatto l’antivirale anti-Covid più popolare. Non è da escludere il suo approdo in Europa, nonostante le comprensibili ansie del pubblico, trattandosi di un prodotto medico made in China. Tenendo conto delle rivelazioni politiche sulla gestione della pandemia ai suoi albori, sarà complesso spingere le masse a fidarsi del simnotrelvir. La maggior parte dei farmaci generici consumati in Europa e negli Usa sono in realtà prodotti in India, ma il 70% delle molecole utilizzate per produrli arrivano dalla Cina: è li che gli indiani devono rifornirsi. Per gli antibiotici, la dipendenza mondiale dalla produzione cinese dei princìpi attivi si colloca addirittura fra l’80 e il 90%. Questo succede perché le industrie farmaceutiche occidentali hanno preferito delocalizzare le produzioni dei farmaci meno redditizi in Asia, dove grazie alla manodopera a basso costo si riescono ancora a estrarre buoni profitti anche dai farmaci non più sotto brevetto. Occorrerebbe riportare in Europa (e negli Usa, per quanto riguarda gli americani) la produzione di farmaci strategici per la salute della popolazione, ma l’obiettivo è più difficile da raggiungere di quanto si possa immaginare. I gruppi farmaceutici annunciano infatti una crisi dell’offerta a causa della legge cinese sullo spionaggio. E così Pechino serra le fila mentre i gruppi farmaceutici occidentali avvertono di un peggioramento delle interruzioni delle catene di approvvigionamento a causa dei problemi di certificazione dei siti di produzione in Cina, con ispettori di multinazionali che si rifiutano di visitare il paese per timore di essere arrestati per spionaggio, mentre ad altri è stato negato l’ingresso nelle strutture. La Cina è uno dei maggiori produttori mondiali di principi attivi farmaceutici e antibiotici e uno dei principali fornitori di farmaci all’Ue e agli Stati Uniti. Tuttavia, l’ inasprimento delle leggi anti-spionaggio da parte di Pechino ha portato a temere che i cittadini stranieri che raccolgono dati sui siti cinesi possano essere considerati spie. I dati ufficiali visionati dal Financial Times mostrano che ad alcuni ispettori statunitensi della Food and Drug Administration è stato rifiutato l’ingresso nei siti di produzione cinesi dopo la pandemia. Ma i farmaci prodotti in paesi terzi e importati nell’Ue o negli Stati Uniti richiedono la certificazione da parte di ispettori governativi e audit dei siti di produzione. I lockdown legati al Covid, i problemi di produzione e i prezzi bassi hanno già contribuito a una carenza record di farmaci essenziali negli Stati Uniti e in Europa. I dati della Fda statunitense mostrano che gli ispettori dell’agenzia hanno iniziato ad essere allontanati dalle fabbriche cinesi fin dal 2021 e un dirigente giapponese della Astellas Pharma è stato arrestato l’anno scorso in Cina con l’accusa di spionaggio. La partita è difficile. Dato che gli Stati Uniti hanno cercato di controllare la Cina nel settore dei chip e della tecnologia correlata limitando le esportazioni dei prodotti americani presumibilmente legati alla difesa, i cinesi non sono rimasti con le mani in mano. Un articolo di Martin Berg sul Financial Times riporta che le nuove leggi sulla protezione dei dati in Cina dichiarano di fatto che i dati aziendali sono di interesse nazionale, se non proprietà nazionale: “In tal modo, Pechino ha effettivamente compiuto un ulteriore passo avanti nel potenziamento dell’economia come arma, trasformando la concorrenza economica in una battaglia tra stati, piuttosto che tra imprese private. Ma cosa potrebbe avere la produzione di farmaci in outsourcing da raggiungere il livello di proprietà intellettuale tutelabile, per non parlare di un segreto di stato?”. I lavoratori stranieri in Cina sono nervosi, date le ambiguità su cosa sarebbe considerato illegale secondo la legge aggiornata. Le attività che fanno parte delle normali operazioni commerciali sono considerate potenzialmente un problema, e alcune aziende giapponesi hanno avvertito i lavoratori espatriati in Cina di essere particolarmente cauti quando si stipulano nuovi accordi commerciali nel settore tecnologico, che Pechino considera una priorità per la sicurezza nazionale. Ma se la Cina chiudesse le porte alle esportazioni, entro pochi mesi gli scaffali delle farmacie negli Stati Uniti e dell’Europa sarebbero vuoti e gli ospedali smetterebbero di funzionare. E la Cina supererà l’India nella produzione di farmaci generici entro un decennio. I farmaci per i quali gli Stati Uniti fanno affidamento sulla Cina includono l’eparina, un anticoagulante che viene utilizzato, tra le altre cose, per le flebo. Niente eparina, niente trattamenti endovenosi. A causa della difficoltà nel rintracciare la fonte degli ingredienti delle aziende farmaceutiche, gli autori hanno potuto effettuare solo indagini caso per caso, ma ritengono che la produzione cinese sia fondamentale per i trattamenti contro l’Alzheimer, l’Hiv, la depressione, la schizofrenia, il cancro, l’epilessia e l’ipertensione. Proprio come il dilemma delle terre rare, il settore sanitario statunitense si trova in una situazione in cui non può tagliare facilmente tutte le forniture di farmaci dalla Cina. Se la Cina sfrutterà il suo controllo sui prodotti farmaceutici come arma commerciale, ciò potrebbe potenzialmente fare il gioco di paesi come India, Vietnam e Indonesia, che stanno tutti guardando per vedere come possono trarre vantaggio in una guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti. E, naturalmente, se la Cina dovesse limitare i flussi dei principali prodotti chimici farmaceutici, il grande perdente non saranno solo gli Stati Uniti, ma i paesi più poveri di tutto il mondo, che vedranno i prezzi aumentare rapidamente.
Raffaella Vitulano

( 2 maggio 2024 )

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