Le proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti della Bce a settembre 2021 prevedono una crescita annua del Pil in termini reali pari al 5% nel 2021, al 4,6% nel 2022 e al 2,1% nel 2023". E' quanto si legge nell'ultimo bollettino economico della Bce. Rispetto all'esercizio condotto a giugno dagli esperti dell'Eurosistema, le prospettive per il 2021 sono state riviste al rialzo (erano al 4,7%, ndr.) principalmente per effetto dei risultati più solidi del previsto nel primo semestre dell'anno; le cifre relative al 2022 e al 2023 rimangono sostanzialmente invariate". L'area euro, si legge nel rapporto, è andata "procedendo verso una forte crescita nel terzo trimestre" e "le informazioni più recenti indicano un ulteriore miglioramento dell'attività dell'area dell'euro nel secondo semestre del 2021". "Nel medio periodo - prevede la Bce - ci si attende un deciso recupero dell'economia".
Il Pil mondiale crescerà più del previsto, specie nel 2022. "Nel complesso, le prospettive di crescita dell'economia mondiale sono lievemente più favorevoli rispetto alle proiezioni precedenti, in primis per quanto riguarda il 2022. Dopo un tasso di crescita previsto al 6,3% nel 2021, secondo le proiezioni il Pil mondiale in termini reali (esclusa l'area dell'euro) dovrebbe crescere del 4,5% nel 2022 e del 3,7% nel 2023. Il recupero dalla crisi su scala internazionale dovrebbe confermarsi disomogeneo. Le economie avanzate al di fuori dell'area dell'euro dovrebbero tornare ai propri andamenti pre-pandemia agli inizi del 2022, soprattutto trainate dagli Stati Uniti".
Gli esperti della Bce rivedono al rialzo a settembre le stime di quest'anno dell'inflazione dell'area euro. E' quanto si legge sempre nel bollettino mensile della Bce, in cui si prevede "un tasso di inflazione annuo del 2,2% nel 2021, dell'1,7%nel 2022 e dell'1,5% nel 2023, rivisto al rialzo rispetto alle proiezioni dell'esercizio di giugno", rispettivamente dell'1,9% e dell'1,5% per il 2022 e 2023.
"Rispetto alle proiezioni di giugno è stata rivista al rialzo anche l'inflazione al netto della componente energetica e alimentare, che si collocherebbe, in media, all'1,3% nel 2021, all'1,4% nel 2022 e all'1,5% nel 2023". C’è da sottolineare che dopo il +2,2% del Pil nel secondo trimestre, l'area euro è andata "procedendo verso una forte crescita nel terzo trimestre" e "le informazioni più recenti (come gli indici Pmi, ndr) indicano un ulteriore miglioramento dell'attività dell'area dell'euro nel secondo semestre del 2021", dice il Bollettino economico, anticipando che "nel medio periodo ci si attende un deciso recupero dell'economia" che ha fatto migliorare al 5% la stima di crescita per il 2021, mantenendo al 4,6 il 2022 e al 2,1 il 2023.
Inoltre la Bce lancia il suo primo 'stress test climatico’ avvertendo: i costi di breve termine "impallidiscono" di fronte a quelli che si stagliano all'orizzonte in assenza di un'azione incisiva sulle emissioni di Co2. Specie per Paesi come l'Italia. Se i Paesi fanno i conti con una narrazione che riflette titubanze e timori dell'industria sulla transizione green che l'Europa ha messo al centro delle sue strategie, l'Eurotower è di tutt'altro avviso: "L'energia verde sarebbe prodotta con più efficienza nello scenario di una transizione ordinata, consentendo ai prezzi di scendere velocemente" e finire per essere inferiori a quanto sarebbero nel caso di una inazione di fronte al cambiamento climatico. Lo stress test sull'economia europea è stato condotto dalla Bce sulla base di un'analisi d'impatto su oltre quattro milioni di imprese globali e 1.600 banche europee. Le conclusioni - specie se si considera che vengono non da un think tank ambientalista, ma dall'istituzione economica dell'area euro forse più potente - sono nette: "Imprese e banche trarrebbero beneficio da un'adozione rapida delle politiche green", e "muoversi d'anticipo porta chiari benefici che superano i costi, ad esempio in termini di efficienza e prezzi energetici più bassi per le imprese". Luis de Guindos, vicepresidente della Bce, ha avvertito che senza politiche per la transizione a un'economia più verde, i rischi fisici saliranno nel tempo e lo faranno in modo non lineare. L'analisi d'impatto, infatti, considera i costi di transizione e conversione industriale e li raffronta con quelli 'fisici’, appunto, causati dal cambiamento climatico. Se i primi vedono i Paesi dell'Eurozona su un livello simile, specie le principali economie a traino industriale come Italia, Francia e Germania, i secondi rischiano di costare più caro al Sud. In Paesi come la Germania l'esposizione a tali rischi riguarda circa il 5% delle imprese.
Rodolfo Ricci