Sono stata violentata da un cugino adulto quando avevo cinque anni durante le vacanze estive”: così Mié Kohiyama, attivista di 52 anni per i diritti dei bambini e co-fondatrice del Brave Movement - campagna per porre fine alla violenza sessuale infantile - racconta a Gabriella Jozwiak su Equal Times il momento che le ha cambiato la vita. Per 32 anni non lo ha detto a nessuno. Il suo cervello ha represso il ricordo, una reazione al trauma. Alla fine, nel 2009, Kohiyama ha ricordato. “Questo crimine è esploso in modo molto brutale... era come se stessi rivivendo i crimini”, dice. Quella di Mié è purtroppo una dolorosa storia come tante, repressa nelle famiglie in cui un minore si confida ma non sempre viene creduto. E poi cresce, e i suoi comportamenti sono segnati da quell’episodio o, peggio, da quegli episodi ripetuti nella sua infanzia, spesso da parenti crudeli ed inconsapevoli del male che stanno arrecando. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), ogni anno fino a un miliardo di bambini di età compresa tra i due e i 17 anni subiscono violenza fisica, sessuale o emotiva. Un dato che per la Colombia cresce a due ragazzi e ragazze su cinque. Gran parte delle violenze resta sommersa perché avviene a porte chiuse e non viene denunciata. Ciò include punizioni corporali in casa, bullismo a scuola, violenza online, abusi sessuali, violenza delle gang, matrimonio infantile e lavoro minorile. La stessa ministra per i servizi sociali svedesi, Camilla Waltersson, ha sottolineato l’impatto che le violenze hanno sullo sviluppo di patologie gravi durante l’età adulta. Le conseguenze per la crescita dei minori sono enormi e possono influenzare anche la vita adulta, portando a problemi di salute mentale e sociali come l’abuso di sostanze. Questo mese, per la prima volta, i ministri di tutto il mondo si sono incontrati per sensibilizzare sul problema e incoraggiare le nazioni a impegnarsi nella prevenzione, in occasione della prima conferenza ministeriale globale per porre fine alla violenza contro i bambini (Evac) a Bogotà, in Colombia. Il dott. Etienne Krug, direttore del Dipartimento dei determinanti sociali della salute presso l’Oms, ha dichiarato a Equal Times che ci sono due messaggi generali che spera che l’evento abbia trasmesso: la violenza contro i bambini è una violazione dei diritti umani, ma è anche un problema sociale, un grande problema di salute pubblica. Subire violenza durante l’infanzia ha un impatto sulla salute e sul benessere per tutta la vita. Le vittime hanno maggiori probabilità di soffrire di problemi di salute mentale durante l’infanzia e l’età adulta, come disturbo da stress post-traumatico (Ptsd), depressione e ansia o suicidio. Hanno maggiori probabilità di impegnarsi in comportamenti rischiosi, tra cui pratiche sessuali non sicure, abuso di droghe e alcol o essere violenti loro stessi. Sono anche a più alto rischio di sviluppare malattie non trasmissibili come malattie cardiache, diabete e cancro. La strategia Oms, Inspire, include richieste ai governi di implementare e far rispettare leggi che proibiscono ai genitori di punire violentemente i bambini, e di criminalizzare l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori. Una ricerca dell’Oms del 2020 rileva che in media l’88% dei paesi mondiali ha leggi in vigore per prevenire la violenza contro i bambini. Ma solo il 47% degli intervistati governativi ritiene che queste leggi fossero “applicate in modo sufficientemente severo da garantire che i trasgressori vengano puniti”. In Kenya, tra il 2010 e il 201 i tassi di violenza sessuale tra le età comprese tra 18 e 24 anni si sono dimezzati tra le giovani donne e sono diminuiti di due terzi tra i giovani uomini. Ma tra le ragazze di età compresa tra 13 e 17 anni, la prevalenza di abusi sessuali indesiderati è aumentata. “Il cambiamento sta avvenendo in una certa misura, ma non sta avvenendo abbastanza velocemente”, afferma Krug, aggiungendo che il mondo è fuori strada per raggiungere il Target 16.2 degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, che chiede di porre fine all’abuso, allo sfruttamento, al traffico e a tutte le forme di violenza e tortura contro i bambini entro il 2030. Kohiyama, una sopravvissuta, ha fatto una campagna per migliorare la giustizia per le vittime di abusi sessuali su minori in Francia. Gabriella Jozwiak scrive che quando in età adulta ha capito il crimine commesso contro di lei, era però troppo tardi per sporgere denuncia contro l’autore. “È stato archiviato a causa della prescrizione”, racconta ad Equal Times. Al momento del crimine, il limite per denunciare un reato era di un decennio. Ma facendo una campagna con gruppi locali in Francia, Kohiyama e altri hanno ottenuto una modifica della legge nel 2018 consentendo alle vittime di violenza sessuale minorile di presentare denunce fino all’età di 48 anni. Kohiyama vuole che i governi di tutto il mondo si impegnino a creare consigli nazionali per i sopravvissuti, un modello che esiste in Germania. Dal 2010, il governo tedesco ha anche nominato un Commissario indipendente per le questioni relative agli abusi sessuali sui minori: “Le persone che hanno vissuto tali esperienze devono avere una voce politica e la capacità di creare politiche pubbliche per combattere la violenza sessuale infantile. Sono più informate sui traumi, sono empatiche, perché sanno quali sono quei crimini”. Kohiyama vuole inoltre che altre nazioni intensifichino la violenza contro i bambini come una delle principali questioni politiche e vuole che ci si concentri di più nell’affrontare la violenza contro i bambini online. Nel 2023, solo in Europa, sono state segnalate più di 100 milioni di immagini e video di abusi sessuali su minori. E questa è solo la punta dell’iceberg. Dietro quelle immagini ci sono veri crimini. La conferenza ha affrontato anche la violenza subita dai bambini nel mondo del lavoro. Benjamin Smith, funzionario senior dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) per il lavoro minorile, afferma che 160 milioni di bambini sono coinvolti nel lavoro minorile e gli investimenti sono deboli e inadeguati. Senza riporre troppe aspettative nella conferenza, si spera che possano stimolare più azioni e investimenti. Dal 2000 il numero di bambini lavoratori in tutto il mondo era in calo. Ma nel 2021 c’è stata una reimpennata di 8,4 milioni in quattro anni. Smith sottolinea anche il crescente problema dell’aumento vertiginoso della pornografia infantile online. Il crescente numero di guerre nel mondo sta spingendo anche i bambini a lavorare, sia a causa della povertà, sia perché sono costretti a prendere parte ad attività militari (bambini soldato).
Raffaella Vitulano