L'Unione europea sta entrando in un nuovo ciclo istituzionale nel contesto di sfide globali senza precedenti, che evidenziano la necessità di rafforzare la sua competitività globale. Migliorare le condizioni per fare impresa all'interno dell'Ue deve essere la priorità assoluta della nuova Commissione. Il nostro vantaggio competitivo fondamentale - il mercato unico - deve quindi essere al centro delle nostre idee e azioni sulla competitività. È quanto si legge un 'non paper' promosso da Lussemburgo e Repubblica Ceca e firmato da venti Stati membri, tra cui Germania e Polonia (non l'Italia). Sulla scorta dei rapporti di Mario Draghi ed Enrico Letta, che hanno dato "un forte slancio per sfruttare ulteriormente il pieno potenziale del mercato unico", si chiede alla nuova Commissione di "semplificare le condizioni per fare impresa e continuare a ridurre la burocrazia" andando oltre l'annunciata riduzione del 25% dei requisiti di rendicontazione, si legge nel documento.
L'esecutivo comunitario dovrebbe inoltre "fare riferimento a strumenti digitali specifici per aiutare le imprese a operare più facilmente nel mercato unico, concentrandosi allo stesso tempo sul miglioramento degli strumenti esistenti e sulla ricerca di nuove sinergie". Per migliorare il mercato unico - osservano i firmatari - dovremmo concentrarci sulla qualità, sulla coerenza e sull'attuazione, piuttosto che sulla quantità di norme. Entro giugno 2025, la Commissione dovrebbe pubblicare una nuova strategia orizzontale per il mercato unico, come richiesto dal Consiglio europeo e dal Consiglio "Competitività". Il documento informale è firmato da Austria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Svezia.
Per questo gruppo di Paesi, i tre quarti del club a dodici stelle, gli Stati membri e in particolare la Commissione dovrebbero pertanto "utilizzare tutti gli strumenti a loro disposizione, sia formali che informali, per garantire che le norme del mercato unico siano semplici, prevedibili, unificate e diligentemente applicate". Un richiesta di semplificazione volta a dare meno centralità a Bruxelles e più libertà di manovra alle altre capitali, che chiedono anche correttivi volti a rinvigorire la libertà di circolazione, "soprattutto nei settori dei beni e dei servizi, dove sussistono ancora una notevole frammentazione e divergenza tra le normative nazionali".
Delle quattro liberà fondamentali se ne menzionano due, perché da una parte l’unione dei mercati di capitali è un capitolo a parte che richiede ancora lavorio tecnico e politico, e dall’altra parte anche solo accennare la libertà di circolazione delle persone rischia di far deragliare sullo spinoso tema dell’immigrazione. Ci si sofferma dunque a quello che più preme a governi e imprese, di ogni settore: fare business. "La strategia per il mercato unico dovrebbe stabilire azioni concrete a breve e medio termine per facilitare il commercio transfrontaliero" da un Paese all’altro, ancora ostaggio di troppe frammentazioni e barriere, secondo i 20 Paesi firmatari del documento. Gli Stati si dicono pronti a lavorare con l’esecutivo comunitario, ma si mette in chiaro che non si vuole una cabina di regia federale, quanto una più a trazione confederale.
"La Commissione e il Consiglio per la competitività dovrebbero svolgere un ruolo centrale nella governance di questo processo". Commissione più Stati membri, insomma. E non potrebbe essere altrimenti. Il ruolo degli Stati sarà fondamentale se non si vuole che gli stessi affossino il rapporto Draghi.
Rodolfo Ricci