Davvero ”le persone non servono”, come recita il titolo di un fortunato saggio di Jerry Kaplan, pioniere della Silicon Valley e guru di Stanford? Davvero l’intelligenza artificiale, i robot, insomma le nuove tecnologie che stanno trasformando le nostre economie, minacciano di trasformare il paesaggio di fabbriche e uffici che ci circonda in un deserto popolato da automi digitali?
Grande è la confusione sotto il cielo, anche sotto quello plumbeo e nevoso che incombe su Davos, dove il gotha dell’economia mondiale discute delle sorti del pianeta asserragliato dal maltempo e dalle misure di sicurezza. Come è già avvenuto l’anno scorso, anche quest’anno il World Economic Forum è attraversato dal dibattito sulla rivoluzione digitale e sugli effetti che intelligenza artificiale e robotica - le sue due manifestazioni più appariscenti - avranno sul lavoro. E anche quest’anno l’impressione che si ricava dalla lettura dei dati e delle previsioni squadernati in gran copia dai giganti della consulenza è che questo nobile tentativo di decifrare il futuro non si discosti molto, quanto ad attendibilità scientifica, dalle divinazioni degli àuguri romani basate sul volo degli uccelli.
Nessun catastrofismo, certo, Davos non è il posto giusto per i neoluddisti che immaginano un futuro distopico nel quale i robot metteranno alla fame gli uomini così come un modello più evoluto di elettrodomestico consegna il vecchio all’obsolescenza. Però gli scenari sui quali i Grandi sono chiamati a riflettere presentano non poche differenze.
Uno l’ha tratteggiato Boston Consulting, e non pare proprio un inno all’ottimismo. Nei prossimi dieci anni l’innovazione tecnologica distruggerà un milione e mezzo di posti di lavoro negli Stati Uniti. Il conto più salato toccherà ai lavoratori a bassa qualifica, alle mansioni ripetitive (il numero dei bancari crollerà del 30%) ed alle donne (57%), anche se il 96% di loro prima o poi troverà un nuovo lavoro, ”con ogni probabilità migliore”. Il fondatore e presidente esecutivo del Wef Klaus Schwab pensa che ”l’intelligenza artificiale e la robotica trasformeranno le mansioni più che rendere obsoleti gli uomini” e che i rischi siano in fondo contenuti, a patto che si creino ”gli spazi perché le persone sviluppino lavori maggiormente collettivi e creativi”. Affinché ciò avvenga è però necessario che ”la dignità dei singoli” sia il criterio guida delle politiche economiche e sociali.
Non siamo distanti da ciò che Papa Francesco ha chiesto nella lettera indirizzata proprio a Schwab, in cui il Pontefice chiede che ”l’intelligenza artificiale, la robotica e le altre innovazioni tecnologiche” vengano impiegate ”in modo tale da contribuire al servizio dell’umanità e alla protezione della nostra casa comune, piuttosto che al contrario, come alcune valutazioni purtroppo prevedono”.
Tra queste non rientra evidentemente lo studio diffuso da Accenture, la cui tinta dominante è il rosa. L’intelligenza artificiale non solo non è uno spauracchio ma - stando ad un sondaggio condotto tra top manager e lavoratori di 11 paesi, tra i quali l’Italia - potrebbe rivelarsi anche nel breve periodo uno straordinario acceleratore di crescita economica ed occupazionale. Accenture stima infatti che a livello globale l’AI possa produrre un aumento del 10% dei posti di lavoro ed un incremento dei ricavi delle imprese del 38%, che si tradurrebbe in 4.800 miliardi di dollari di profitti in più.
Numeri e previsioni sono destinati però a rimanere sulla carta senza una politica di investimenti sulla formazione che ampli le competenze digitali dei lavoratori. E qui il discorso si fa più complesso. Perché è vero che la nota dominante è l’ottimismo: il 63% dei manager intervistati ritiene infatti che le nuove tecnologie creeranno posti di lavoro, e pure il 62% dei dipendenti si attende un impatto positivo sul proprio lavoro. Ma poi emerge che solo il 3% dei dirigenti prevede un significativo investimento sulla formazione da parte della propria impresa. Di qui l’avvertimento: ”Per riuscire a crescere nell'era dell'IA, le aziende devono investire di più in formazione, al fine di preparare i dipendenti a un nuovo modo di lavorare in cooperazione con le macchine," osserva Marco Morchio, Accenture Strategy Lead per Italia, Europa Centrale e Grecia. ”Quella che noi definiamo Applied Intelligence, cioè la capacità di integrare rapidamente tecnologia intelligente e ingegno umano in tutte le funzioni aziendali, sarà sempre più un elemento imprescindibile per il successo e la crescita delle imprese". rapidamente tecnologia intelligente e ingegno umano in tutte le funzioni aziendali - sarà sempre più un elemento imprescindibile per il successo e la crescita delle imprese". Sempre che se ne accorgano in tempo.