Alla crescita si è associato il buon andamento del mercato del lavoro. Nel 2023 gli occupati sono aumentati in media del 2,1% (+481mila unità), seguendo una crescita del 2,4% nel 2022. L'aumento dell'occupazione è dovuto alla componente a tempo indeterminato e, in misura minore, agli indipendenti, mentre è diminuita l'occupazione a tempo determinato. Nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, l'Italia conserva una quota molto elevata di occupati in condizioni di vulnerabilità economica. Tra il 2013 e il 2023 il potere d'acquisto delle retribuzioni lorde in Italia è diminuito del 4,5% mentre nelle altre maggiori economie dell'Ue27 è cresciuto a tassi compresi tra l'1,1% della Francia e il 5,7% della Germania. Secondo i dati dell'indagine sul reddito e le condizioni di vita nel 2022 la quota di occupati a rischio di povertà in Italia è all'11,5%; nell'Ue27 è l'8,5% del totale.
Le retribuzioni reali, in associazione col debole andamento della produttività, sono aumentate molto lentamente, e nel recente episodio inflazionistico hanno perso terreno. I cambiamenti osservati nel lavoro sono, infine, strettamente connessi a quelli del tessuto economico, andato incontro a una ricomposizione settoriale e a un consolidamento del sistema all'interno di ciascuna attività, a vantaggio di quelle imprese che meglio hanno saputo cogliere i cambiamenti delle condizioni competitive, con maggior capacità di innovazione e, insieme, di attrarre forza lavoro istruita, contribuendo così alla crescita dell'occupazione e della sua qualità e istruzione.
Per l'effetto del forte rialzo dell'inflazione degli ultimi tre anni le spese per consumo delle famiglie sono diminuite in termini reali ed è aumentata la distanza tra le famiglie più e meno abbienti. Questo aumento della sofferenza economica si è riflessa nel contemporaneo peggioramento degli indicatori di povertà assoluta, che ha colpito nel 2023 il 9,8% della popolazione, raggiungendo livelli mai toccati negli ultimi 10 anni (per un totale di 2 milioni 235mila famiglie e di 5 milioni 752mila individui in povertà).
egli ultimi due anni è rallentata la perdita di popolazione in atto dal 2014. Al 31 dicembre 2023, fa sapere l’Istat, la popolazione residente ammonta a 58.989.749 unità, in calo di 7 mila persone rispetto alla stessa data dell'anno precedente. Il 2023 ha fatto comunque registrare l'ennesimo minimo storico in termini di nascite. Nonostante una riduzione dell'8% dei decessi rispetto al 2022, il saldo naturale della popolazione resta fortemente negativo. Negli ultimi anni si è, inoltre, ridotto l'effetto positivo che la popolazione straniera ha esercitato sulle nascite a partire dai primi anni Duemila. Nell'ultimo decennio la popolazione italiana è diminuita di oltre un milione di unità (-1,8%). Hanno subito un intenso declino demografico in prevalenza le regioni del Mezzogiorno (-4,7% dovuta in buona arte alle migrazioni interne), a fronte di una perdita complessivamente trascurabile del Centro-Nord (-0,3%). Fra il 2002 e il 2012 la popolazione residente in Italia era cresciuta di oltre tre milioni di unità.
Le previsioni demografiche indicano una tendenza allo spopolamento e all'invecchiamento: entro il 1° gennaio 2042, la popolazione residente in Italia potrebbe ridursi di circa 3 milioni di unità, e in 50 anni (1° gennaio 2072) di oltre 8,6 milioni. S
I giovani sono i principali protagonisti del calo demografico in atto nella società italiana. Nel 2023 in Italia si contano poco più di 10 milioni 330 mila giovani in età 18-34 anni, con una perdita di oltre 3 milioni dal 2002 (-22,9%). Rispetto al picco del 1994, il calo è di circa 5 milioni (-32,3%). La riduzione dei giovani dal 2002 al 2023 è stata del 28,6% nel Mezzogiorno, a causa della denatalità e della ripresa dei flussi migratori, contro il 19,3 nel Centro-Nord, dove il fenomeno è attenuato da saldi migratori positivi e dalla maggiore fecondità dei genitori stranieri. Per l'operare di fenomeni simili, la riduzione è stata più ampia nelle Aree interne (-25,7%) rispetto ai Centri (-19,9), e nelle Zone rurali (-26,9%) rispetto alle Città (-19,2%).
Altra osservazione dell’Istat: per gli anziani in Italia ”si evidenzia nel tempo un miglioramento delle condizioni di salute”: le persone in buona salute sono passate dal 29,4% del 2009 al 37,8% del 2023 e, parallelamente si è ridotta la condizione di multicronicità. Tra il 2003 e il 2023 è raddoppiata la quota di anziani che praticano sport (dal 6,7 al 16,4%). Gli anziani mostrano rispetto alle altre fasce di età livelli di soddisfazione mediamente più bassi: vale per le relazioni amicali, per il tempo libero, per la salute e per la situazione economica.
Giampiero Guadagni