Venerdì 22 novembre 2024, ore 7:49

Istat 

Italia a varie velocità 

Nella fase di ripresa dallo choc del 2020, l'Italia è l'economia che, tra le quattro maggiori dell'Ue, è cresciuta a un ritmo più elevato, recuperando il livello del Pil di fine 2019 già nel terzo trimestre del 2021. È quanto rileva il rapporto 2024 dell'Istat. In Italia il Pil nel 2023 è aumentato dello 0,9%. La crescita è stata dello 0,7% in Francia e del 2,5%% in Spagna, mentre la Germania ha registrato un calo (-0,3%). Nel 2023, in Italia è inoltre proseguito il lieve miglioramento del quadro di finanza pubblica. Il debito pubblico è diminuito dal 140,5 al 137,3% del Pil e l'indebitamento netto si è ridotto dall'8,6 al 7,4% del Pil. Dalla seconda metà del 2021, come le altre maggiori economie europee l'Italia ha affrontato l'aumento dei prezzi originato dalle materie prime importate, seguito a fine 2022 da un rapido processo di raffreddamento che si è rafforzato nel 2023. L'inflazione ha avuto effetti differenziati sulle imprese e, in particolare, sulle famiglie, con le retribuzioni che non hanno tenuto il passo, riducendo il potere di acquisto soprattutto delle fasce di popolazione meno abbienti.
Alla crescita si è associato il buon andamento del mercato del lavoro. Nel 2023 gli occupati sono aumentati in media del 2,1% (+481mila unità), seguendo una crescita del 2,4% nel 2022. L'aumento dell'occupazione è dovuto alla componente a tempo indeterminato e, in misura minore, agli indipendenti, mentre è diminuita l'occupazione a tempo determinato. Nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, l'Italia conserva una quota molto elevata di occupati in condizioni di vulnerabilità economica. Tra il 2013 e il 2023 il potere d'acquisto delle retribuzioni lorde in Italia è diminuito del 4,5% mentre nelle altre maggiori economie dell'Ue27 è cresciuto a tassi compresi tra l'1,1% della Francia e il 5,7% della Germania. Secondo i dati dell'indagine sul reddito e le condizioni di vita nel 2022 la quota di occupati a rischio di povertà in Italia è all'11,5%; nell'Ue27 è l'8,5% del totale.
Le retribuzioni reali, in associazione col debole andamento della produttività, sono aumentate molto lentamente, e nel recente episodio inflazionistico hanno perso terreno. I cambiamenti osservati nel lavoro sono, infine, strettamente connessi a quelli del tessuto economico, andato incontro a una ricomposizione settoriale e a un consolidamento del sistema all'interno di ciascuna attività, a vantaggio di quelle imprese che meglio hanno saputo cogliere i cambiamenti delle condizioni competitive, con maggior capacità di innovazione e, insieme, di attrarre forza lavoro istruita, contribuendo così alla crescita dell'occupazione e della sua qualità e istruzione.
Per l'effetto del forte rialzo dell'inflazione degli ultimi tre anni le spese per consumo delle famiglie sono diminuite in termini reali ed è aumentata la distanza tra le famiglie più e meno abbienti. Questo aumento della sofferenza economica si è riflessa nel contemporaneo peggioramento degli indicatori di povertà assoluta, che ha colpito nel 2023 il 9,8% della popolazione, raggiungendo livelli mai toccati negli ultimi 10 anni (per un totale di 2 milioni 235mila famiglie e di 5 milioni 752mila individui in povertà).
egli ultimi due anni è rallentata la perdita di popolazione in atto dal 2014. Al 31 dicembre 2023, fa sapere l’Istat, la popolazione residente ammonta a 58.989.749 unità, in calo di 7 mila persone rispetto alla stessa data dell'anno precedente. Il 2023 ha fatto comunque registrare l'ennesimo minimo storico in termini di nascite. Nonostante una riduzione dell'8% dei decessi rispetto al 2022, il saldo naturale della popolazione resta fortemente negativo. Negli ultimi anni si è, inoltre, ridotto l'effetto positivo che la popolazione straniera ha esercitato sulle nascite a partire dai primi anni Duemila. Nell'ultimo decennio la popolazione italiana è diminuita di oltre un milione di unità (-1,8%). Hanno subito un intenso declino demografico in prevalenza le regioni del Mezzogiorno (-4,7% dovuta in buona arte alle migrazioni interne), a fronte di una perdita complessivamente trascurabile del Centro-Nord (-0,3%). Fra il 2002 e il 2012 la popolazione residente in Italia era cresciuta di oltre tre milioni di unità.
Le previsioni demografiche indicano una tendenza allo spopolamento e all'invecchiamento: entro il 1° gennaio 2042, la popolazione residente in Italia potrebbe ridursi di circa 3 milioni di unità, e in 50 anni (1° gennaio 2072) di oltre 8,6 milioni. S
I giovani sono i principali protagonisti del calo demografico in atto nella società italiana. Nel 2023 in Italia si contano poco più di 10 milioni 330 mila giovani in età 18-34 anni, con una perdita di oltre 3 milioni dal 2002 (-22,9%). Rispetto al picco del 1994, il calo è di circa 5 milioni (-32,3%). La riduzione dei giovani dal 2002 al 2023 è stata del 28,6% nel Mezzogiorno, a causa della denatalità e della ripresa dei flussi migratori, contro il 19,3 nel Centro-Nord, dove il fenomeno è attenuato da saldi migratori positivi e dalla maggiore fecondità dei genitori stranieri. Per l'operare di fenomeni simili, la riduzione è stata più ampia nelle Aree interne (-25,7%) rispetto ai Centri (-19,9), e nelle Zone rurali (-26,9%) rispetto alle Città (-19,2%).
Altra osservazione dell’Istat: per gli anziani in Italia ”si evidenzia nel tempo un miglioramento delle condizioni di salute”: le persone in buona salute sono passate dal 29,4% del 2009 al 37,8% del 2023 e, parallelamente si è ridotta la condizione di multicronicità. Tra il 2003 e il 2023 è raddoppiata la quota di anziani che praticano sport (dal 6,7 al 16,4%). Gli anziani mostrano rispetto alle altre fasce di età livelli di soddisfazione mediamente più bassi: vale per le relazioni amicali, per il tempo libero, per la salute e per la situazione economica.
Giampiero Guadagni

( 15 maggio 2024 )

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