Dopo la protesta di venerdì, anche oggi sono in piazza in moltissime città i lavoratori del tessile-abbigliamento, per la seconda giornata di sciopero indetta dai sindacati di categoria Femca Cisl, Filctem Cgil, Uiltec Uil a sostegno del rinnovo contrattuale. E' la volta delle manifestazioni in Emilia Romagna, davanti alle sedi aziendali tra cui Armani, a Penne (Pescara) davanti all’azienda Brioni e in Toscana davanti alle sedi delle Unioni Industriali di ogni territorio.
Altissima l'adesione dei lavoratori in Emilia-Romagna. "Parma: presidio davanti alla Fabbrica Sartoriale Italiana, 600 dipendenti, astensione dal lavoro superiore al 95% - rilevano i sindacati in una nota - il parcheggio dell’azienda completamente deserto. I dati complessivi di adesione allo sciopero nelle altre realtà: intorno al 90%". Anche a Rimini un presidio è stato organizzato davanti a molti cancelli, più un’assemblea pubblica in Comune a San Giovanni in Marignano, che ospita il più grande insediamento tessile della provincia: "Aeffe, 600 dipendenti, 70% di adesione complessiva e 85% nei reparti produttivi; Gilmar 80% di adesione; Fuzzi 60% complessiva e 80% in produzione; Interfashion, Gruppo Stefanel, 60% di adesioni". A Modena, "Dondi, 120 addetti, 70% di adesione; Stellatext, 60 dipendenti, 80% di adesioni; Via Delle Perle, 50 addetti, 80% di adesioni; Tessilgraf, 40 dipendenti, 40% di adesioni; Barbieri e Frignani, 20 dipendenti, 70% di adesioni". A Ferrara "è stata organizzata una conferenza stampa e l’adesione è stata registrata così: Mary Fashion, 100 dipendenti 80% nel settore produzione; Famar, 100 dipendenti, 70% di adesioni". A Reggio Emilia: "Manifatture San Maurizio, Gruppo Max Mara, 180 dipendenti, 85% di adesioni".
Le organizzazioni sindacali hanno scelto di tenere la manifestazione a Penne perchè la città vestina è il simbolo del comportato tessile in Abruzzo per la presenza di Brioni Roman Style, l’azienda dell’alta moda che recentemente ha attraversato una profonda crisi. Al fianco dei lavoratori si è schierata l’amministrazione comunale di Penne, guidata dal sindaco Mario Semproni. Alla manifestazione hanno partecipato anche i lavoratori di altre aziende abruzzesi in crisi, come Canali di Gissi e del polo tessile della val vibrata. "Puntare sulla qualità anzichè inseguire il lavoro a basso costo di Paesi lontani - ha detto l’assessore comunale alle attività produttive di Penne, Gilberto Petrucci - I sarti pennesi non possono essere surrogati, ne perderebbe la qualità il prodotto. Credo che bisogna necessariamente tornare a confrontarsi tra le parti per trovare un accordo. Negli ultimi due anni - sottolinea Gilberto Petrucci - nella provincia di Pescara sono stati persi 1.500 posti di lavoro, di cui il 90% sono donne, forza lavoro impiegata soprattutto nelle aziende dell’area vestina. Bisogna fare una attenta e profonda riflessione per invertire la rotta. Il Mise ha riconosciuto il territorio di Penne Area di crisi non complessa, sono previsti interventi e contributi, e come amministrazione comunale abbiamo intenzione di inserire agevolazioni fiscali nella programmazione finanziaria per le piccole e medie imprese". Alla sciopero ha partecipato, in rappresentanza delle tre sigle sindacali, il segretario nazionale della Femca Cisl Mario Siviero.
''Vogliamo un contratto dignitoso. E le proposte delle aziende finora non vanno in questa direzione'' dice Massimo Guerranti, segretario generale della Femca-Cisl Toscana. ''Ci propongono un contratto senza aumenti salariali certi per i prossimi tre anni, con la riduzione delle indennità di malattia e delle ore di ferie, con gli straordinari obbligatori. Posizioni inaccettabili - continua Guerranti - e in certi casi perfino controproducenti per l'economia, come nel no alla revisione del sistema di inquadramento, fondamentale invece per aumentare la produttività del settore e dunque la sua capacità di competere a livello internazionale.''
"La nostra controparte deve sapere che è sbagliato farsi dettare il percorso contrattuale da Federmeccanica - afferma Angelo Colombini, segretario generale della Femca Cisl -. Noi chiediamo che venga trovata una soluzione autonoma sul salario che abbia costi certi ma aumenti economici concordati e non definiti da istituti governativi"
Inoltre la controparte ha deciso anche di tagliare i diritti dei lavoratori cancellando il secondo livello di contrattazione con la giustificazione di voler essere maggiormente competitivi a livello internazionale. Un risparmio da caricare solo sulle spalle dei lavoratori. I dati degli ultimi 5 anni parlano chiaro. Il settore del tessile abbigliamento ha perso circa 100 mila posti di lavoro, mentre il fatturato è stabile, anzi in lieve crescita, da 52 a 54 miliardi di euro. Una ricchezza che cresce, ma non viene distribuita. I sindacati si augurano che con la mobilitazione si possa tornare al tavolo delle trattative. Femca, Filctem, Uiltec sono disponibili, ma per il momento nessuna data è stata calendarizzata.