Onorevole, la raccolta firme contro la legge per l'autonomia differenziata ha già registrato un'elevata partecipazione, con oltre 500 mila firme raccolte in meno di due settimane, puntando a raggiungere un milione di firme entro settembre. Avete definito questa legge un provvedimento 'Spacca Italia'. Quali sono, a suo avviso, i principali motivi di questa massiccia mobilitazione e quali potrebbero essere le conseguenze concrete per il Sud Italia se la legge venisse approvata?
Le conseguenze sarebbero disastrose, sotto ogni profilo. A cominciare da quello sanitario. In un paese in cui oltre 4 milioni di persone non riescono più a permettersi le cure l’autonomia differenziata non farà altro che dare il colpo di grazia ai sistemi sanitari regionali anche a quelli che ad oggi appaiono virtuosi. Dal sud ci sarà una migrazione dei medici e del personale sanitario verso il nord attratti da stipendi maggiori e condizioni di lavoro migliori. Assieme ai medici migreranno anche i pazienti ingolfando così i sistemi sanitari regionali che non avranno risorse aggiuntive per far fronte a questa situazione e i pazienti vedranno crescere a dismisura le liste d’attesa. Quindi meno fondi per la sanità, per lo sviluppo, per la cultura e molto altro. In regioni dove esistono già notevoli difficoltà. Il tutto in un quadro che così verrebbe reso caotico, disfunzionale, perché con lo “Spacca Italia” avremmo – tra le altre cose – venti regioni con venti sistemi scolastici diversi, poiché tra le competenze aggiuntive alle regioni ci sarà anche quella. Ve la immaginate la confusione? Una famiglia che si trasferisce da una regione all’altra, magari a metà anno, e si ritrova con la propria figlia o il proprio figlio catapultati in un percorso totalmente diverso. Siamo al grottesco. E le persone hanno iniziato a capirlo, per questo sta avvenendo una grande mobilitazione.
La Fondazione Gimbe ci ha raccontato di quattro milioni di persone che non riescono a curarsi. “La politica è fare scelte su dove mettere le risorse che non sono infinite” ha dichiarato la Schlein; riferendosi alla proposta di legge, sull’aumento della spesa sanitaria. Cosa proponete per una soluzione realistica e sostenibile.
Proponiamo proprio la legge Schlein ovvero portare il finanziamento per il SSN al 7,5% del Pil eliminando i limiti alla spesa per il personale e pianificando assunzioni straordinarie e riduzione delle liste d’attesa. Ed esatto, il tema è proprio quello: le risorse non sono infinite e si tratta “solo” di scelte. Certo è che se le scelte oggi sono dare soldi pubblici alla sanità privata, come avvenuto con il decreto fuffa sugli (inesistenti) tagli alle liste d’attesa; se si sceglie di premiare gli evasori fiscali con continui condoni; se si scegliere di mettere miliardi per un ponte che la maggior parte della gente non vuole, evidentemente non è possibile scegliere di rafforzare la nostra sanità. Il motivo è evidente: perché meno funziona quella pubblica, più cresce quella privata. Questo è il disegno della destra.
Qualche spazio di condivisione si è visto alla camera con la recente approvazione di un recente odg suo e del collega di partito l’on. Nico Stumpo in merito al sostegno dei precari dell’AIFA. Vede qualche ulteriore spiraglio di collaborazione per il futuro in tal senso.
Il nostro atteggiamento è sempre stato positivo ed interlocutorio perché siamo di fronte a situazioni che hanno a che fare con la vita delle persone. La vicenda dei precari AIFA è emblematica perché il nostro lavoro parlamentare raccoglie la mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici che da mesi vivono questa situazione surreale. Dopo anni di lavoro precario ora si ritrovano con il contratto scaduto da dicembre e come prospettiva non hanno né il rinnovo né la stabilizzazione. Una cosa insensata perché parliamo di risorse formate e specializzate sulle quali sono state investite risorse consistenti da parte dello Stato. Con tutte le difficoltà del caso siamo però riusciti a far prendere degli impegni concreti alla maggioranza e questo ci consola ma non ci fa stare sereni perché conosciamo il modus operandi del governo Meloni. Quindi sì come vede siamo disponibili alla collaborazione ma non sempre troviamo sponde credibili anzi troppo spesso la maggioranza non riesce ad andare oltre gli slogan e la propaganda.
La crisi energetica causata dal conflitto tra Russia e Ucraina sta minacciando di ostacolare la transizione ecologica. Quali strategie ritiene siano necessarie per costruire un’autonomia energetica europea, e come possiamo conciliare questo obiettivo con l'imperativo di accelerare la transizione verso fonti di energia sostenibili?
Servono riforme strutturali che seguano due direttrici: efficientamento energetico e riduzione degli sprechi da un lato, investimenti sulle rinnovabili dall’altro. Organicamente, strutturalmente, con un piano serio, con risorse vere. Un concetto che non si sposa con l’austerità, per capirci. Perché occorrono miliardi, inutile negarcelo. Ma non possiamo fare altrimenti, perché – tecnicamente – a non ci sono alternative, capisce? Ritornare al fossile è infatti pura follia. Ogni singolo segnale della contemporaneità ci dice a chiare lettere che i cambiamenti climatici ci stanno portando al disastro e lo paga la povera gente. Continuare quindi sulla strada del fossile, inquinando e facendo danni a clima e persone, sarebbe criminale.
“Sotto i 9 euro l’ora è sfruttamento”. Continua la vostra battaglia sul salario minimo a seguito della vostra proposta di legge di iniziativa popolare depositato in Cassazione assieme ad una delegazione degli altri partiti di opposizione M5S e Avs. Credete sia la strada giusta per tutelare e dare certezze e dignità a tanti lavoratori.
Sarebbe un primo, grande passo in avanti. In un Paese dove i salari non crescono dal 1990, dove ci sono 3 milioni di lavoratori poveri e dove donne e giovani vivono quotidianamente discriminazioni salariali non indifferenti, quello è il punto zero: si parte da lì, dal salario minimo. Si parte dalla dignità del lavoro, mettendo uno spartiacque chiaro, netto e inequivocabile: quello separa appunto il lavoro stesso dallo sfruttamento. Ottenendo in questo non solo un primo riscatto delle classi lavoratrici, ma anche una modernizzazione del nostro sistema economico, iniziando un processo strutturale che porterà ad una sua maggiore competitività, se mi è consentito dirlo. Vede, se un’attività economica prospera, infatti, grazie a manodopera a basso costo, questa significa che non solo quell’attività è immorale, ma anche tossica per la società in cui opera. Che qualcosa, in quel modello di business, non funziona perché ciò che lo tiene a galla non sono servizi o prodotti qualitativamente competitivi (elemento questo che a cascata produce benefici per l’intera società), bensì un costo del lavoro irrisorio. Questo è uno schema ottocentesco. Andando quindi a innalzare i salari, costringiamo dunque quella parte di tessuto produttivo obsoleto e arretrato, che prospera sui lavoratori poveri, a rinnovarsi, a cercare sostenibilità e profitto nella qualità e non nello sfruttamento. Ecco allora che con il salario minimo andiamo a fare del bene a tutto il Paese.
Giovanni Ianni