Sabato 23 novembre 2024, ore 12:39

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Ricorrono in questo 2024 i 260 anni dalla pubblicazione del capolavoro di Beccaria e la Biblioteca Ambrosiana, presso cui si trovano tutte le opere a stampa, i manoscritti e i cimeli dell’illuminista milanese, ha organizzato per ricordarlo una mostra in 22 tappe che si apre con l’originale e ripercorre, dall’editio princeps, le varie edizioni e traduzioni, tra cui la prima, quella francese: il successo d’oltralpe fu l’inizio di una clamorosa diffusione dell’opera in tutta Europa e nel mondo, dalla Germania alla Spagna, dall’Olanda all’Inghilterra, dalla Danimarca all’Austria, dalla Grecia all’Arabia, dalla Russia al Giappone. Come ha sottolineato lo storico italiano Franco Venturi fu proprio la Francia il luogo in cui “l’eco delle parole di Beccaria fu immediata e profonda… Nell’agosto del 1766 uscì il “Commentaire sur le Traitè des délits et des peines” dello stesso Voltaire … Sembrava che le idee di Beccaria cominciassero a penetrare anche nel mondo dei magistrati”.

"Dei Delitti e delle pene” rappresentò l’atto di nascita di una nuova civiltà giuridica, le cui tesi si imposero non solo sul piano emotivo, attraverso considerazioni sulla clemenza, ma anche su quello razionale, attraverso la combinazione di argomentazioni morali e pragmatiche contro la pena di morte, i processi sommari, le esecuzioni pubbliche e la tortura: in sostanza Beccaria, come ebbe a scrivere Voltaire, metteva in luce non solo l’immoralità ma anche l’inefficacia, anzi la controefficacia, del modello penale del XVIII secolo. Un modello fondato sull’equivoco giustizia-vendetta. Ed è proprio questo connubio perverso che Beccaria smascherava a partire dalla convinzione che non necessariamente una pena meno cruenta fosse meno giusta

( 22 novembre 2024 )

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“Dei Delitti e delle pene” rappresentò l’atto di nascita di una nuova civiltà giuridica

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