Se permettete, oggi, parliamo di sport perché ci sono delle storie reali che assomigliano a delle fiabe, e tale è appunto la vicenda della nazionale di calcio della Siria, un paese martoriato dalla guerra, ferito dalle incursioni dell'Isis, che però nel gioco del pallone ha assistito ad un piccolo miracolo. Si è conquistata il diritto di giocarsi lo spareggio qualificazione contro l'Australia per accedere ai Mondiali in Russia, nel 2018. La vittoria sportiva della Siria ha comportato l'eliminazione dai Mondiali della Cina del tecnico italiano (di Viareggio) Marcello Lippi, un fatto sportivo che apre però ad una riflessione politica, ma soprattutto economica. Il calcio cinese è un calcio che sta investendo molti soldi, dove i calciatori sono ben pagati, i tecnici pure e che sta di fatto tentando da un po' di tempo la creazione di uno star System sportivo che faccia concorrenza al calcio dei grandi paesi occidentali. La Siria, invece, è un paese martoriato dalla guerra, da una lunga lotta intestina contro l'Isis, dal dolore e dalla distruzione. Una nazione dove il calcio non ha soldi, il tecnico siriano prende una paga di poche decine di dollari e dove, però, come in un paradosso di riscatto da libro "Cuore" l'identità e l'orgoglio nazionali degli atleti sembrano aver sostituito tutto il resto. In fondo la vittoria di conquistarsi e giocarsi lo spareggio per andare ai mondiali nessuno se l'aspettava, un imprevisto in tempi cupi che ha fatto gioire una nazione intera. Perché poi diciamolo il modo in cui questo spareggio è stato raggiunto sul campo, con un pari al 92', ha qualcosa davvero di epico, un impossibile che diventa reale. Vediamo la cronaca, poi torniamo al ragionamento. È stato un gol di Omar Al Soma al 93' a regalare una speranza mondiale alla Siria. A Teheran, in Iran, la nazionale di Damasco ha pareggiato 2-2 con l'Iran già qualificato, raggiungendo il pari che le è valso lo spareggio in pieno recupero. Le condizioni in cui ha giocato la nazionale siriana in questi due anni di qualificazioni sono state fuori dal normale: non ha mai disputato nemmeno una partita in casa e ha convocato solamente giocatori fedeli al regime di Bashar al Assad (nelle ultime settimane è tornato a giocare per la squadra però un giocatore che sosteneva i ribelli, l’attaccante Firas al Khatib). La principale critica, soprattutto dall'esterno, che adesso viene rivolta alla nazionale è di essere troppo vicina al governo. Ma questo non cambia la realtà di un miracolo sportivo. Ovviamente, e qui dalle cronache torniamo al ragionamento, per la Siria non sarà facile qualificarsi ai Mondiali: ai playoff, che si giocheranno fra il 5 e il 10 ottobre, dovrà infatti - lo dicevamo all'inizio del nostro articolo - vedersela con l’Australia, una nazionale molto più quadrata e abituata a giocare ad alti livelli, ma soprattutto una nazione in pace da tempo, molto tempo. Dettagli, visto che il miracolo con la conquista dello spareggio si è già compiuto. Il termine "miracolo" usato ovviamente in senso laico, non sembri eccessivo. Sta a significare infatti che qualcosa di (quasi) impossibile diventa possibile. In fondo, il calcio ma in senso generale lo sport che attiene alla sfida agonistica, alla natura di gioco ma anche di identità, si porta appresso la facilità di bisticciare coi miracoli (sempre in senso laico). Ricordiamo, per citarne uno - ma l'elenco potrebbe essere lunghissimo - un dialogo tratto dal film "Così parlò Bellavista" (di Luciano De Crescenzo), la pellicola dove si cita la frase che si è sempre "meridionali di qualcuno" ma soprattutto dove uno dei personaggi del film, Luigino il poeta, parlando con una statua di San Gennaro, ci dialogo così: " E per l'occasione permettetemi di dedicarvi questo pensiero poetico. Mettiteve 'a llà. San Gennà, non ti crucciare, tu lo sai ti voglio bene. Ma 'na finta 'e Maradona squaglia 'o sanghe dinte vvene! E chest'è". Un dialogo ironico che però ben coglie la natura della forza del calcio, soprattutto nella cultura popolare e nell'identità di città o nazioni. Anche per questo, comunque vada, la fiaba della nazionale di calcio della Siria è già un successo. Una pedata nel sedere - per 90 minuti - alle infamie della guerra.